venerdì 26 settembre 2014

LADRI DI IDENTITA'...E DI BAMBINI

Torna sugli schermi a grande richiesta Amy Adams in un film anni cinquanta con parrucca bionda stile Marylin ad emulazione del mito della oca d'eccellenza. Indimenticata nonostante non abbia mai vinto un Oscar.
Come Amy del resto che con tanti films girati ha solo preso tre nominations senza mai riuscire ad acchiappar la statuetta.
Eppure brava come lei ce ne son poche ma probabilmente nell'immaginario del pubblico è rimasta Come d'Incanto (Una Cenerentola a New York) e poi non concludo.
Un messaggio con il quale ha raggiunto il clou proprio nell'ultimo film da lei girato che le è valso la candidatura all'Oscar come protagonista.

Finalmente l'han capito tutti che lei la dà la dà solo a piacer suo.
Salvo poi pentirsene. Infatti dopo American Hustle  ecco che sbarcherà con un film molto accattivante stante i quadri dipinti con soggetti che farebbero intenerire qualsiasi compratore: una serie di bambini con occhi grandi e spenti. Di una tristezza infinita.

Amy Adams, nel ruolo di pittrice, porta avanti il discorso di American Hustle dove il falsario spesso supera l'originale nell'attirar consensi.
Il regista è Tim Burton che svolge la tematica senza prendere posizione limitandosi ad esporre i fatti basati su una storia vera che si potrebbe tradurre in Ladri di identità.
Il marito, Christoff Waltz, della pittrice infatti fiutando il business del talento un po' naif della moglie, si offre di sostituirla in quanto uomo più facilmente smerciabile sulla piazza americana dove le firme femminili sono poco considerate.

Con l'arrivo di una montagna di soldi la moglie acconsente alla sostituzione fino a quando non scatta l'invidia per il successo del marito del quale si vuole appropriare in quanto vera autrice dei quadri portando il partner in Tribunale per fare la prova pratica in diretta onde individuare lo stile e la firma autentica per emergere pure lei nelle gallerie d'arte, perchè tutti quiei bambini le appartengono.





Il dilemma resta comunque  ad accompagnare i film di Amy sempre sull'orlo dell'ambiguità del ci sei o ci fai per poi scoprire alla fine che lei c'è.  Infatti la sua professionalità non si discute mentre a far discutere è il messaggio nascosto fra le righe di questo marito ladro di identità il quale ha capito che dietro la sofferenza dei bambini è nascosto l'affare inteso come business.

Dove anche la moglie si è tuffata come artista e come manager mettendo una mano sul pennello e una sul portafoglio pensando di fare un servizio ai “suoi” bambini. In questo caso mai nati ma comunque giusti da attaccare al muro dei salotti. Di qualità. E qui ci sta.
Purtroppo la storia è ancora molto attuale perchè il business dei bambini sofferenti nelle pubblicità e calendari per raccolta fondi è molto diffuso e non sempre in buona fede. E questo non ci sta.




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